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Being against evil doesn’t make you good.
(Essere contro il male non ti rende buono)
Ernest Hemingway, Islands in the Stream (1970), Part 1: Bimini, Section 4
L’essere umano è definito in molti modi. Cito, una per tutte, la definizione (solo l’inizio) data dall’enciclopedia Treccani: “Essere cosciente e responsabile dei proprî atti, capace di distaccarsi dal mondo organico oggettivandolo e servendosene per i proprî fini […]”
Tra queste parole quelle che forse trovano meno riscontro nella realtà sono “responsabile dei proprî atti”. É evidente a tutti, o dovrebbe esserlo quando si ha senso critico, onestà e discernimento, che l’assunzione di responsabilità è una delle cose meno praticate nella società contemporanea, una società che molti definiscono “allo sbando”, dimostrando così solamente di avere una bocca per parlare, nulla più.
Il tentativo di non prendersi le responsabilità per le proprie azioni, salvo il caso in cui si tratti di lodi, è perfettamente umano, insito nella natura stessa degli esseri umani e, per questo motivo, assolutamente non causato dalla società.
Non nego che questa abbia effetti sul comportamento dell’individuo, affatto, ma non la ritengo causa unica, e nemmeno principale, di tutti i comportamenti umani che possiamo considerare negativi.
L’uomo, proprio perché è uomo, è capace di cattiveria, ove per cattiveria intendo l’attuazione di comportamenti contrari alla morale, che sia la propria o quella comune, specialmente davanti a una figura autoritaria che induce ad atti “immorali”. Credo sia perché sapere che quello che si fa, per brutto che sia, perché un’autorità che si riconosce superiore l’ha comandato, viene avvertito come un gesto di cui si è solo parzialmente responsabili.
A tal proposito, vorrei ricordare due famosi esperimenti degli anni 60: l’”Esperimento Milgram” e l’esperimento chiamato “Terza Onda”.
Nel primo dei due, eseguito nel 1961 dallo scienziato Stanley Milgram, erano previsti due partecipanti, oltre allo stesso Milgram. Ai due partecipanti veniva assegnato il ruolo di “insegnante” o “allievo”. Il sorteggio era truccato, in modo che l’unico vero partecipante fosse sempre l’insegnante. L’allievo era complice, per così dire, di Milgram. L’insegnante veniva fatto sedere davanti ad un quadro con leve che davano la scossa e doveva porre dei quesiti all’allievo, condotto in un’altra stanza e collegato agli elettrodi che ricevevano la scossa. Ad ogni risposta sbagliata l’insegnante doveva infliggere una scossa, man mano più forte, all’allievo. Ovviamente la macchina non dava veramente la scossa, ma l’insegnante questo non lo sapeva. L’allievo, ad una certa tensione (330volt), fingeva di svenire. Ebbene, nei quattro livelli in cui si articolava l’esperimento rispettivamente il 65%, il 62,5%, il 40% e il 30% dei partecipanti arrivò ad infliggere la scossa massima (il quarto livello prevedeva che l’insegnante mettesse fisicamente la mano dell’allievo sull’elettrodo). Sebbene molti partecipanti espressero disagio nell’infliggere dolore ad un altro essere umano, arrivarono lo stesso alla massima intensità perché spinti dall’autorità dello scienziato.
L’altro esperimento, eseguito nell’aprile del 1967, la cosiddetta “Terza Onda”, è un esperimento condotto dal professore Ron Jones per dimostrare l’attrattiva del fascismo sui giovani.
Jones aveva avuto difficoltà a spiegare come il popolo tedesco avesse potuto accettare le atrocità del nazismo, e così decise di spiegarlo facendolo vivere direttamente agli studenti.
Potete leggere qui come andò l’esperimento. Mi limito a dire che in soli tre giorni Jones era riuscito, con la disciplina e l’unione, a creare in quasi 200 ragazzi lo stesso senso di superiorità che venti anni prima doveva essere molto diffuso nella Germania nazista. In effetti riuscì tanto bene che l’esperimento rischiò di sfuggire al suo controllo, il che lo convinse, dopo solo TRE giorni, alla sospensione totale dello stesso.
L’uomo è cattivo? No, credo di no, ma è capace di cattiveria, e questa cattiveria sarà tanto più forte e gratuita quanto minore sarà il senso di responsabilità per le proprie azioni dell’individuo.